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Cos’e’ la neuroplasticita’?

La neuroplasticità è la capacità che ha il cervello di modificarsi fisicamente, in risposta all’esperienza e all’ambiente.

Per molti secoli si è sostenuto che l’anatomia del cervello fosse fissa ed immutabile.

I medici e la scienza in generale credevano che il cervello fosse suddiviso in mappe adibite a svolgere determinate funzioni prestabilite e non modificabili.

Si credeva che nel caso di lesioni cerebrali quella determinata regione non potesse più essere riparata. E che i circuiti cerebrali fossero immutabili.

I disturbi dell’apprendimento o i ritardi mentali erano considerati come irreparabili.

Si pensava che dopo i primi anni di vita, le persone perdessero la capacità di generare nuovi neuroni e che con l’invecchiamento il cervello andasse incontro ad un deterioramento ed un declino irreversibile. Invece, la neurogenesi, e cioè la nascita di nuovi neuroni, avviene anche negli anziani, anche se in maniera ridotta rispetto ad un giovane.

E’ stato l’arrivo della tecnologia moderna che ha consentito di osservare l’attività cerebrale e a dimostrare la plasticità e cioè che il cervello è in grado di modificare la propria struttura ed il proprio funzionamento.

IL CERVELLO è dunque PLASTICO e lo è per tutta la vita.

Nel 2000 il Premio Nobel per la medicina Erick Kandel dimostrò che con l'azione e l’apprendimento le connessioni fra i neuroni aumentano e che sotto l'influenza di queste i geni possono modificare la struttura neurale.

Sono quindi L’ATTIVITA’ MENTALE, L’ESPERIENZA e i COMPORTAMENTI a cambiare la nostra struttura cerebrale ed il funzionamento del nostro cervello.

Il che vuol dire che il nostro cervello cambia la propria struttura a seconda di come lo esercitiamo.

Il concetto di Neuroplasticità è quindi assai recente e purtroppo ciò ha radicato nella società una credenza infondata e cioè che il trattamento di molti problemi cerebrali neurologici, sia inefficace;

Come per esempio, il recupero da un ictus.

Nulla di più sbagliato!

I ricercatori hanno infatti dimostrato che un cervello danneggiato può ancora riorganizzarsi in modo che, quando un’area perde la sua funzione, un’altra può sostituirla. 

Jill Bolte Taylor, neuroscienziata e ricercatrice dell’Harward Medical School e portavoce dell’Harward Brain Tissue Resource Center ne è la prova vivente.

In seguito ad un ictus devastante, ci insegna, attraverso il suo percorso di completa guarigione, come “il potere sia nelle nostre mani.”

Come alcuni programmi del Sistema Limbico (emotivi), quali ad esempio la rabbia, l’ira o la paura, possono attivarsi automaticamente, ma ci spiega anche che occorrono circa 90 secondi perché si avviino, si facciano strada nel corpo e siano infine espulsi dal flusso sanguigno. Nel giro di novanta secondi tuttavia, la componente chimica di queste emozioni si dovrebbe dissolvere e la reazione dovrebbe avere fine esaurendosi.

Esattamente come avviene per gli animali quando si trovano in una situazione di pericolo. Non appena la minaccia reale è terminata, la loro risposta allo stress si esaurisce.

L’Uomo, diversamente da specie meno evolute dal punto di vista cognitivo è in grado di attivare una risposta anche solo pensando ad una possibile evento stressante, ad una ipotetica situazione di pericolo, o in balia delle proprie emozioni.

Anticipando e perpetuando la risposta alla “minaccia”, il corpo produce una serie di risposte biochimiche nocive che alterano l’equilibrio omeostatico del corpo.

Infatti, l’uomo è in grado di attivare la risposta allo stress con semplici sconvolgimenti psicologici e sociali che per un animale non avrebbero senso. Se trascorsi i novanta secondi si è ancora spaventati, è perché si è deciso di mantenere attivo quel circuito.

Momento per momento, si può scegliere se affidarsi ai propri neurocircuiti, lasciando il programma guidato dal nostro subconscio che attua da pilota automatico o decidere attraverso la consapevolezza di tornare al presente e scegliere di non attivare più quel determinato percorso neuronale, decidendo consapevolmente di attivarne un altro. (Vedi video di TED’S TALK -Jill Bolte Taylor)

Abbiamo quindi la capacità di riparare, rigenerare i nostri neuroni e ricablare i percorsi neuronali, rafforzando l’attività neurologica in alcune aree e indebolendone altre.

Ora sappiamo che ciò avviene sia in maniera conscia che inconscia e che anche i pensieri hanno la capacità di consolidare nuove connessioni neuronali.

Quando viviamo un’esperienza intensa, intrisa di una forte emozione o un’azione ripetuta, come per esempio allenarsi ad imparare a suonare uno strumento musicale o guidare la macchina, stiamo creando e consolidando connessioni neuronali.

Le ESPERIENZE creano le EMOZIONI e le emozioni creano le MEMORIE A LUNGO TERMINE.

Ecco perché forti emozioni vengono registrate dal nostro Sistema Limbico in maniera profonda.

LA NEUROPLASTICITA' SI FONDA SULL'USO, e NON SUL RIVANGARE VECCHI TRAUMI,(ripercorrere vecchi schemi), O RICERCARE LA CAUSA CHE HA SCATENATO IL DISTURBO.

Per comprendere il potenziale neuroplastico ed i suoi campi di applicazione consiglio vivamente la lettura del libro “IL CERVELLO INFINITO” di Norman Doige.

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